Stai pensando di aprire un e-commerce? Prima di decidere una cosa del genere, leggi questo articolo e leggilo con calma, con attenzione.
Se siamo arrivati su questa pagina è perché stiamo pensando di aprire un e-commerce, un negozio virtuale in cui vendere online un prodotto/servizio. Magari abbiamo già un negozio fisico e vogliamo aumentare le vendite.
Potrebbe essere una buona idea, ma se ci facciamo trascinare dall’entusiasmo e dalle indagini di mercato (che vedono l’e-commerce in crescita a doppia cifra in Italia) senza una lettura critica di tali dati, rischiamo seriamente di farci male. Molto male!
Innanzitutto c’è una netta differenza tra la vendita di un prodotto fisico e la vendita di un servizio o di un bene immateriale.
Questo articolo tratterà il primo caso, ossia il caso in cui si voglia vendere un prodotto fisico.
Iniziamo da una pessima notizia: vendere online un qualunque prodotto realizzato da terzi è quasi impossibile.
Perché?
Perché è estremamente difficile aprire un negozio in una piazza in cui già ci sono altri 1.000, 10.000 concorrenti che vendono il nostro stesso identico prodotto. Tra l’altro, tra i concorrenti, troviamo “mostri” del calibro di Amazon, Ebay, Etsy, Zalando e tanti altri…
E quindi?
Quindi non dobbiamo farlo!
Non dobbiamo aprire un e-commerce che venda prodotti realizzati da altri.
Per essere più chiari, è del tutto inutile aprire un negozio che vende Nike, Samsung, Saugella, Armani, ecc. ecc.
È inutile perché, a meno che non abbiamo tra i 100 e i 300 mila euro da investire, non venderemo assolutamente niente! 🙁
E ora lo dimostriamo.
Iniziamo da dove potrebbe iniziare un ipotetico cliente: il motore di ricerca.
Andiamo quindi su Google e digitiamo “parafarmacia online”. Ammettiamo di voler aprire una parafarmacia.
Riusciamo a leggere quanti articoli ci sono online che parlano di una parafarmacia online?
Due milioni e 390 mila!
Non importa che siano e-commerce. Importa che Google riconosce in tali articoli tale argomentazione.
Il problema è che i risultati che hanno una qualche possibilità di essere visualizzati da un ipotetico cliente sono, mediamente, ristretti alle prime 3 pagine. Ossia i primi 30 risultati. Trenta risultati su oltre 2 milioni!
Quindi, per fare in modo che il nostro e-commerce sia “visibile” ai clienti della nostra ipotetica piazza, dobbiamo rientrare nei primi 30 risultati… su oltre due milioni!
Non so voi, ma personalmente ho un’idea abbastanza precisa di come funziona la SEO e posso dedurre quanto tempo potrebbe essere necessario per ottenere un risultato del genere. Soprattutto posso dire con assoluta certezza che nessuno può “garantire il risultato”. Nessuno! A tal proposito potrebbe essere utile leggere un articolo sulle web agency e gli esperti di SEO.
Con oltre due milioni di pagine in concorrenza, con un buon lavoro sui contenuti e sulla SEO e sperando che i concorrenti principali non abbiamo super esperti nel team, un 12-24 mesi si potrebbe anche arrivare nei primi 30 risultati. Avete letto bene: uno o due anni.
Ok, ma noi sappiamo che esiste Google AdWord e che pagando arriviamo facilmente in prima pagina.
Certo, come no! 😀
Vero, verissimo! Se paghi Google arrivi in prima pagina in un batter d’occhio, ma… quanto ti costa?
La parafarmacia ricade nel caso di un negozio che vende prodotti realizzati da altri. Questo significa che se un concorrente vende Saugella Attiva da 500 ml a 10 euro, tu non puoi venderlo a 15, lo devi vendere a 10 o un prezzo simile. Ora… ammettiamo di pagare Google per fare in modo che cercando “parafarmacia online” il nostro sconosciuto e-commerce finisca in prima pagina. Google, per decidere quanto bisogna pagare per stare in prima pagina, usa il CPC (Costo Per Click), ossia ci chiede una certa cifra per ogni click che viene effettuato sul link al nostro e-commerce. Si può ipotizzare che per ogni giorno in cui il nostro e-commerce sarà in prima pagina, noi riceviamo 300 visite. Le statistiche poi ci dicono che su 100 visitatori, soltanto 1 effettuerà un acquisto. Infine sappiamo anche che un cliente al primo acquisto mediamente non spenderà più di 20 euro.
Ora, Google per tenerci in prima pagina con la parola chiave “parafarmacia online” ci chiede 0,30 euro per click.
Sappiamo che in un giorno riceveremo 300 click e possiamo quindi sapere che 300 (click) x 0,30 euro (a click) = 90 euro al giorno.
Dobbiamo pagare 90 euro al giorno a Google.
Bene.
Su 300 clienti arrivati da Google, ci possiamo aspettare 3 acquisti (1 cliente ogni 100 esegue un acquisto) da 20 euro cadauno. Quindi alla fine della giornata avremo fatturato 3 (clienti) x 20 euro = 60 euro.
Pertanto abbiamo speso 90 euro per fatturarne 60.
Un grande affare! 😀
Pensare di fare una cosa del genere significa tenere in conto almeno 3.000 euro al mese di spese pubblicitarie!
Ci sono però altre strade.
Per esempio i Facebook Advertising. Costano molto meno, sono decisamente mirati al target “giusto” e consentono di acquisire qualche cliente. Ma il nostro e-commerce rimarrà comunque sconosciuto per mesi e mesi… Gli incassi saranno davvero ridicoli.
Allora potremmo procedere aprendo un negozio su EBAY e su Amazon.
EBAY ad oggi chiede 20 euro al mese per un negozio completo e il 10% su ogni vendita. Amazon è anche peggio perché entriamo direttamente in concorrenza.
Una parafarmacia che vende su EBAY o su Amazon resta con le briciole e non può sopravvivere a meno che, non esista una corrispondente parafarmacia fisica già avviata che si occupa di coprire le perdite di quella virtuale.
Questo “canovaccio” si ripete su praticamente tutti i settori in cui ci si mette a vendere prodotti altrui, soprattutto se tali prodotti sono estremamente diffusi come possono essere quelli di una parafarmacia, di un sexy shop, di un negozio di scarpe, di un negozio di biciclette… In realtà è quasi impossibile trovare un settore non inflazionato 🙁
In definitiva:
se non abbiamo almeno 100 mila euro da investire e vogliamo aprire un e-commerce in cui pensiamo di vendere prodotti altrui, stiamo (quasi certamente) prendendo un clamoroso abbaglio!
E falliremo! Miseramente e inevitabilmente!
Per sperare di sopravvivere vendendo prodotti altrui abbiamo soltanto due possibilità:
- vendere prodotti rari
- vendere prodotti estremamente specifici
Nel primo caso dobbiamo capire se esiste una richiesta di mercato. In genere, no.
Nel secondo potremmo, ad esempio, vendere “scarpe per atletica leggera”, specializzando il negozio su un argomento preciso.
Stroncare in questo modo le “speranze” di un futuro imprenditore è quasi disumano, lo so, ma magari riesco ad evitare incubi notturni a qualcuno.
vero quello che scrivete e aggiungo, figuriamoci chi intende aprire un negozio fisico.. con tutte le gabelle anacronistiche e i costi di gestione come gli affitti sarà sempre piu’ uno “Slave business” cecità da parte anche dei governi che continuano a mettere tasse come la follia di aumentare l’iva anzichè pensare di dimezzarla…auguri!
Molto esaustivo e diretto
Grazie!!
Non bisogna mai fare cose che fanno in molti. Bisogna avere idee nuove o nuovi prodotti/servizi.
Si, il commento mi sembra un ottimo riassunto 🙂